Emicrania e stile di vita: l’approccio SEEDS

Emicrania - Trattamento

9 min

Emicrania e stile di vita: l’approccio SEEDS

Il concetto di fattore scatenante è spesso di difficile interpretazione per il paziente emicranico che cerca una relazione causale certa tra un determinato fattore e l'insorgenza dell'attacco emicranico, correndo così il rischio di semplificare un meccanismo che in realtà è molto più complesso.

L’emicrania è una patologia multifattoriale che risente considerevolmente di fattori in grado di scatenare gli attacchi di cefalea.

Il concetto di fattore scatenante è spesso di difficile interpretazione per il paziente emicranico che cerca una relazione causale certa tra un determinato fattore e l'insorgenza dell'attacco emicranico, correndo così il rischio di semplificare un meccanismo che in realtà è molto più complesso.

Va innanzitutto sottolineato come i fattori scatenanti siano caratterizzati da una certa variabilità interindividuale, per cui un determinato evento può rappresentare un fattore scatenante per un paziente, ma non per un altro, ma anche intraindividuale, per cui, nello stesso paziente, un fattore scatenante può indurre lo sviluppo di un attacco di emicrania in un dato momento ma questo può non accadere un'altra occasione. 

Ciò può dipendere dalla possibilità che diversi fattori scatenanti si sommino tra loro agendo così in maniera concomitante. Infatti, è noto che maggiore è il numero dei possibili fattori scatenanti più è facile che si raggiunga la “soglia” capace di indurre lo scatenamento degli episodi cefalalgici da parte di un cervello predisposto a generare attacchi di emicrania.

I dati che emergono dalla letteratura suggeriscono che la "soglia emicranica" dipenda strettamente dalla combinazione di una predisposizione geneticamente determinata sulla quale si innestano numerosi fattori ambientali.3

D'altra parte, è possibile innalzare questa soglia emicranica sia educando il paziente a riconoscere i propri trigger e modificando di conseguenza il proprio stile di vita al fine di evitarli e, qualora non sia possibile, attraverso terapie preventive farmacologiche e non farmacologiche.

Focalizzandoci sul primo punto, è essenziale che il paziente sia educato a studiare ed analizzare la propria emicrania per riconoscere i suoi personali fattori scatenanti e adottare delle strategie di difesa personali. Questo significa che, così come per qualsiasi altra terapia farmacologica, non è possibile immaginare una “ricetta” valida per tutti i pazienti emicranici ma soltanto una “ricetta” su misura per ciascuno di essi.

Se questo concetto non viene assimilato dal paziente emicranico il rischio è che possa adottare uno stile di vita caratterizzato da condotte di evitamento tali da inficiare la qualità di vita come, se non di più, rispetto all’emicrania.

Recentemente è stato formulato il concetto di "trigger tyranny" o “tirannia dei trigger” per descrivere come la vita del paziente emicranico possa essere frustante e consumarsi nel tentativo di evitare tutto ciò che può scatenare un attacco di emicrania per il timore di incorrere in un nuovo attacco.4

L'evitamento rigoroso inoltre potrebbe ulteriormente sensibilizzare i pazienti emicranici a quei fattori scatenanti, rendendoli ancora più predisposti a sviluppare attacchi di emicrania nel momento dell’esposizione. Pertanto, sarebbe opportuno "affrontare" con giudizio i fattori scatenanti invece di "evitarli" del tutto.4

Senza dubbio, una volta identificato un trigger evitabile e in grado di indurre in modo affidabile e ripetuto un attacco di emicrania subito dopo la sua esposizione, si può prendere in considerazione l'elusione definitiva (ad esempio evitare di bere alcolici), ma va sempre considerato l’impatto di tale strategia sulla qualità di vita del paziente, intesa non come mera assenza di episodi emicranici ma nella sua possibilità complessiva di godimento della vita stessa.4

È noto che i fattori scatenanti possono essere distinti in non-modificabili e modificabili. Fanno parte del primo gruppo le fluttuazioni ormonali che caratterizzano il ciclo mestruale, i fattori climatici (vento umidità, caldo o freddo intensi), alcuni contesti lavorativi o relazionali, che non si possono evitare ma dai quali ci si può comunque difendere. Appartengono invece al secondo gruppo lo stress psicofisico, variazioni dei bioritmi del sonno e dei pasti (più o meno lunghi periodi di digiuno), determinati alimenti (glutammato, nitriti, tiramina, feniletilamina, alcol) e ancora stimoli sensoriali intensi come luci e rumori forti o odori intensi.1,5,6

L’approccio al trattamento dell’emicrania non può prescindere quindi dall’educazione del paziente ad uno stile di vita che tenga conto di determinati presupposti secondo quello che gli anglosassoni definiscono SEEDS dove S sta per sleep (sonno), la prima E per exercise (esercizio fisico), la seconda E per eat (dieta), D per diary (diario delle cefalee) e S per stress.7,8

Partiamo dal sonno, la cui relazione con l’emicrania è stata ed è tuttora oggetto di studio considerando come i disturbi del sonno, ed in particolare l’insonnia e la carenza di sonno ma anche l’eccesso di sonno, siano annoverati tra i fattori scatenanti di più frequente osservazione nella popolazione emicranica. 

Si è osservato come alcune misure comportamentali mirate al miglioramento dell’igiene del sonno possano contribuire a convertire l’emicrania cronica in episodica.9 Tra le misure comportamentali consigliate abbiamo quelle che prevedono il controllo degli stimoli per conciliare il sonno per cui i pazienti sono incoraggiati a mantenere la camera da letto silenziosa, buia e fresca, cercando di rispettare orari precisi per andare a dormire. Se i pazienti non riescono ad addormentarsi entro 20-30 minuti, dovrebbero lasciare la camera in modo da non associare il letto a frustrazione e ansia. 

Allo stesso tempo l’utilizzo di dispositivi elettronici quali telefoni, tablet, e televisione in camera da letto è sconsigliato poiché questi dispositivi potrebbero rendere difficile l’addormentamento. I pazienti devono essere inoltre incoraggiati a compilare un diario del sonno per valutare l’efficienza del sonno ovvero il rapporto tra le ore passate a letto e le ore di sonno.

L’obiettivo è quello di ottenere il 90% di efficienza del sonno, il che significa che il 90% del tempo a letto è trascorso addormentato. Un discorso a parte va fatto per la sindrome da apnee ostruttive del sonno che deve essere sempre esclusa in soggetti che riferiscono una cefalea al risveglio, ipersonnolenza diurna e con caregiver che lamentano forte russamento.10 

Questi pazienti vanno indirizzati da uno specialista che possa stabilire la necessità di praticare una polisonnografia per escludere la presenza di una sindrome da apnee notturne da trattare eventualmente con CPAP.11

L'esercizio fisico è ampiamente raccomandato per un sano stile di vita, ancor di più nei pazienti emicranici, considerando come uno stile di vita sedentario sia stato associato ad un peggioramento dell’emicrania, ma soprattutto come l’attività fisica regolare possa esplicare un effetto preventivo sugli episodi cefalalgici.12,13 

Una recente revisione sistematica della letteratura condotta su 6 grossi studi clinici ha mostrato come l'esercizio è in grado di ridurre i giorni di emicrania al mese al pari di alcune terapie farmacologiche di profilassi come quelle contenenti antidepressivi o anticonvulsivanti.14,15 

È stato ipotizzato che l’attività fisica possa incrementare i livelli di beta-endorfine nel liquido cerebrospinale tipicamente ridotti nei pazienti emicranici sfruttando il loro effetto nel ridurre frequenza ed intensità degli attacchi di cefalea.16 

Diversi tipi di esercizio sono consigliati tra cui camminare, fare jogging, cross training e andare in bicicletta per almeno 6 settimane, da 3 a 5 volte a settimana, per 30 - 50 minuti.17 

Ovviamente l’inizio dell’attività fisica deve essere graduale per evitare che sforzi eccessivi fatti da un corpo non abituato possano rappresentare un fattore scatenante gli attacchi piuttosto che un aiuto. La raccomandazione per i pazienti con emicrania è quindi di impegnarsi in un esercizio cardiorespiratorio di intensità gradualmente crescente. 

La dieta è un elemento cruciale per una corretta gestione della condizione emicranica. È ancora argomento molto dibattuto se determinati alimenti possano rappresentare fattori scatenanti per gli attacchi di emicrania considerando come molti pazienti potrebbero desiderare determinati alimenti nella fase prodromica di un attacco ed attribuire poi erroneamente ad essi la comparsa dell’emicrania.18,19 

I trigger alimentari più coerenti sembrano essere quelli contenenti glutammato monosodico (dado da brodo), tiramina (formaggi stagionati, o carne e pesce affumicati e birra) e istamina (latticini fermentati, verdure, prodotti a base di soia, vino, birra e alcolici in generale). 

Questo ha condotto allo sviluppo di molte "diete per l'emicrania", comprese le diete di eliminazione la cui applicazione, tuttavia, non è supportata dagli studi clinici che hanno fornito dati contrastanti e non conclusivi. 

In realtà non è possibile immaginare una dieta valida per tutti i pazienti emicranici e ciascun paziente dovrà identificare i propri fattori scatenanti alimentari per evitare controproducenti condotte di evitamento. 

Un discorso a parte va fatto per la dieta chetogenica che rappresenta ormai da diversi anni una strategia terapeutica efficace nel trattamento dell’emicrania.20 

Al contrario, e su questo c’è accordo assoluto, è necessario che il paziente emicranico eviti periodi di digiuno che certamente rappresentano un importante trigger per l’emicrania.21 Il consiglio migliore per i pazienti emicranici è pertanto di consumare pasti regolari e non saltare ad esempio la colazione. 

Essenziale è poi l’idratazione dato che l’emicrania peggiora in caso di restrizione di liquidi e disidratazione per cui è fondamentale che vengano assunti da 1,5 a 2 litri di acqua al giorno (1,8 litri secondo una rassegna sulla salute generale).22

Anche per l'assunzione di caffeina vanno fate alcune considerazioni. La caffeina esplica, grazie al suo antagonismo sul pathway dell’adenosina, notoriamente coinvolto nella percezione e modulazione dello stimolo doloroso, proprietà analgesiche a dosi comprese tra 65 e 200 mg al giorno.23 Il consumo di caffeina a queste dosi è pertanto benefica per l’emicrania ma vanno evitate fluttuazioni nella sua assunzione, ad esempio nel corso del weekend che si associano invece alla comparsa di una cefalea da deprivazione di caffeina.24

Non è necessario soffermarsi sull’importanza della compilazione di un diario del mal di testa che è notoriamente in grado di migliorare l’accuratezza della diagnosi e assistenza nel trattamento.

Passiamo infine allo stress. 

In medicina, un fattore stressante è ogni causa, fisica, chimica o psichica, capace di esercitare sull’organismo, con la sua azione prolungata, uno stimolo dannoso, provocandone di conseguenza la reazione che, nel paziente emicranico, è rappresentato dall’attacco emicranico stesso.25 

Lo stress produce effetti diretti sui sistemi nervoso autonomo e neuroendocrino che nel tempo possono sensibilizzare i recettori del dolore e, soprattutto in caso di stress cronico, compromettere la capacità del cervello di mantenere quella condizione di equilibrio dinamico nota come “allostasi”.26 

Esperienze stressanti, sia emotive che fisiche, possono scatenare attacchi di emicrania in oltre il 60% dei pazienti, tanto che lo stress psichico sembra essere il trigger più comune nella popolazione emicranica che da solo è capace di indurre un attacco.27 

E’ interessante sottolineare come, in coloro che sono “geneticamente” predisposti a sviluppare emicrania, è proprio l’attacco di emicrania generato dallo stress che, costringendo il paziente al riposo forzato, lo allontana da quei fattori stressanti che hanno precedentemente alterato l’equilibrio e riproporre, infine, allostasi. 

Non esiste un evento stressante uguale per tutti i pazienti emicranici né tantomeno dobbiamo immaginare un evento stressante come un evento catastrofico; ogni paziente avverte come stressante determinate situazioni emotive o fisiche e la rilevanza/salienza dell’evento dipendono dal valore che ciascun determinato paziente emicranico attribuisce a quella determinata situazione. 

Dunque, l’evento stressante va individuato nel senso di “stress percepito”. La relazione tra lo stress e l’emicrania ha condotto anche alla creazione di strategie terapeutiche non farmacologiche che si propongono di condurre il paziente a modulare lo stress percepito come le terapie comportamentali, il biofeedback e la mindfulness.

Bibliografia di riferimento
  1. Hoffmann J, Recober A. Migraine and triggers: post hoc ergo propter hoc? Curr Pain Headache Rep. 2013 Oct;17(10):370.

  2. Peng KP, May A. Migraine understood as a sensory threshold disease. Pain. 2019 Jul;160(7):1494-1501.

  3. Maleki N, Becerra L, Borsook D. Migraine: maladaptive brain responses to stress. Headache. 2012 Oct;52 Suppl 2(Suppl 2):102-6.

  4. Martin PR, MacLeod C. Behavioral management of headache triggers: Avoidance of triggers is an inadequate strategy. Clin Psychol Rev. 2009 Aug;29(6):483-95.

  5. Marmura MJ. Triggers, Protectors, and Predictors in Episodic Migraine. Curr Pain Headache Rep. 2018 Oct 5;22(12):81.

  6. Kelman L. The triggers or precipitants of the acute migraine attack. Cephalalgia. 2007;27(5):394-402.

  7. Woldeamanuel YW, Cowan RP. The impact of regular lifestyle behavior in migraine: a prevalence case-referent study. J Neurol 2016; 263(4):669–676.

  8. Robblee J, Starling AJ. SEEDS for success: Lifestyle management in migraine. Cleve Clin J Med. 2019 Nov;86(11):741-749.

  9. Calhoun AH, Ford S. Behavioral sleep modification may revert transformed migraine to episodic migraine. Headache 2007; 47(8):1178– 1183.

  10. Chung F, Abdullah HR, Liao P. STOP-Bang questionnaire: a practical approach to screen for obstructive sleep apnea. Chest 2016; 149(3):631–638.

  11. Johnson KG, Ziemba AM, Garb JL. Improvement in headaches with continuous positive airway pressure for obstructive sleep apnea: a retrospective analysis. Headache 2013; 53(2):333–343.

  12. Lemmens J, De Pauw J, Van Soom T, et al. The effect of aerobic exercise on the number of migraine days, duration and pain intensity in migraine: a systematic literature review and meta-analysis. J Headache Pain 2019; 20(1):16.

  13. Amin FM, Aristeidou S, Baraldi C, et al; European Headache Federation School of Advanced Studies (EHF-SAS). The association between migraine and physical exercise. J Headache Pain 2018; 19(1):83.

  14. Santiago MD, Carvalho Dde S, Gabbai AA, Pinto MM, Moutran AR, Villa TR. Amitriptyline and aerobic exercise or amitriptyline alone in the treatment of chronic migraine: a randomized comparative study. Arq Neuropsiquiatr 2014; 72(11):851-855.

  15. Varkey E, Cider A, Carlsson J, Linde M. Exercise as migraine prophy laxis: a randomized study using relaxation and topiramate as controls. Cephalalgia 2011; 31(14):1428-1438.

  16. Genazzani AR, Nappi G, Facchinetti F, et al. Progressive impairment of CSF beta-EP levels in migraine sufferers. Pain 1984; 18:127-133.

  17. Garber CE, Blissmer B, Deschenes MR, et al. American College of Sports Medicine position stand. Quantity and quality of exercise for developing and maintaining cardiorespiratory, musculoskeletal, and neuro motor fitness in apparently healthy adults: guidance for prescribing exercise. Med Sci Sports Exerc 2011; 43(7):1334-1359.

  18. Guarnieri P, Radnitz CL, Blanchard EB. Assessment of dietary risk factors in chronic headache. Biofeedback Self Regul 1990; 15(1):15–25.

  19. Karsan N, Bose P, Goadsby PJ. The migraine premonitory phase. Continuum (Minneap Minn) 2018; 24(4, Headache):996–1008.

  20. Di Lorenzo C, Coppola G, Sirianni G, et al. Migraine improvement during short lasting ketogenesis: a proof-of-concept study. Eur J Neurol 2015; 22(1):170–177.

  21. Abu-Salameh I, Plakht Y, Ifergane G. Migraine exacerbation during Ramadan fasting.  J Headache Pain 2010; 11(6):513–517.

  22. Blau JN. Water deprivation: a new migraine precipitant. Headache 2005; 45(6):757–759.

  23. Shapiro RE. Caffeine and headaches. Curr Pain Headache Rep 2008; 12(4):311–315.

  24. Headache Classification Committee of the International Headache Society (IHS) The International Classification of Headache Disorders, 3rd edition. Cephalalgia. 2018;38(1):1-211.

  25. Radat F. Stress et migraine [Stress and migraine]. Rev Neurol (Paris). 2013 May;169(5):406-12. French.

  26. Borsook D, Maleki N, Becerra L, McEwen B. Understanding migraine through the lens of maladaptive stress responses: a model disease of allostatic load. Neuron. 2012;73(2):219-234.

  27. Pellegrino ABW, Davis-Martin RE, Houle TT, Turner DP, Smitherman TA. Perceived triggers of primary headache disorders: A meta-analysis. Cephalalgia. 2018;38(6):1188-1198.